martedì 2 marzo 2010

these boots are made for walking

Il mio nervosismo oggi rasenta livelli mai visti (e io, com'è noto ai più, ho una specializzazione in attacchi nervosi) per questi motivi:
  • giovedì iniziano le revisioni pubbliche, Per Olaf non si vede da una settimana e io avrei tanto bisogno di un confronto con un'autorità dell'architettura prima di sputtanarmi di fronte alla classe con le solite pippe astratte sulla natura dello spazio e come l'uomo si relaziona all'architettura in base al suo bagaglio mentale e blablabla
  • ho la vaga - vagherrima - sensazione che i miei dialoghi col nordico siano resi possibili solamente da una discreta dose di alcool in giro nei nostri corpi
  • e, visto che non posso andare a scuola ubriaca, tanto più questa settimana con un progetto da tirare fuori dal cilindro magico delle mie capacità mentali, temo che avremo ben poche possibilità di conoscerci meglio
  • l'inverno sembra non finire mai
  • e se la temperatura non si decide a salire sopra lo zero, la neve che nasconde i marciapiedi non scioglierà tanto facilmente, quindi io sarò costretta a indossare ancora a lungo questi stivali di gomma che non si asciugano mai e che fanno un rumorino antipatico a ogni mio passo.

Verso le sette sono uscita e sono andata al porto a fumare una sigaretta. Tornando a casa (erano quasi le nove), sono passata per la scuola per andare a recuperare del cartone che mi serviva, convinta che in aula non ci fosse più nessuno. E invece, entro in aula e mi becco il nordico seduto alla sua scrivania. Mi ha detto che stava ancora lavorando al suo plastico e mi ha fatto leggere dal suo libro di Libeskind una storia su un doge di Venezia che voleva costruire una torre altissima per sentirsi più vicino al cielo, chiedendomi se l'avevo già letta. Poi abbiamo fatto due parole sul museo ebraico, su Four rooms e un corto di Tarantino. Al che mi ha chiesto se stavo andando a casa e io, scema, ho detto di sì. Lui se n'è rimasto lì e io me ne sono andata. Sono tornata a casa facendo quasi tutta la strada a piedi, cercando ristoro e compagnia nell'aria, nei miei passi veloci sulla neve, nelle sigarette che intanto ho fumato. Quando mi viene voglia di camminare per strade che di solito evito, mentre fumo una sigaretta dietro l'altra e allungo la strada perchè non voglio chiudermi nelle quattro mura di casa e l'unica cosa che voglio sembra essere camminare, beh, vuol dire una cosa sola. E' sintomo di una cosa sola. Cazzo.

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