domenica 28 febbraio 2010

mezzora

Solo una breve nota su ieri sera.
Non c'è cosa più bella di chiacchierarci insieme appoggiati a un frigorifero con in mano un bicchiere di rosso.

mercoledì 24 febbraio 2010

Bohème

Ieri sera noi soliti Erasmus abbiamo festeggiato il compleanno di Riikka nella sua stanzetta al decimo piano delle residenze per studenti di Grunerløkka. Per non andar là man scorlando, come direbbe mia mamma, (per chi non sapesse il dialetto veneto, significa a mani vuote) dopo la lezione su come si costruiscono i tetti in terra norvegese dalla notte dei tempi, sono andata in centro a comprare una bottiglia di vino. Bisogna sapere che qui i supermercati possono vendere bevande alcoliche solo sotto i 4,7 gradi, ovvero birra e sidro, e che per acquistare vino o amari ci sono negozi specializzati, detti Vinmonopolet, che hanno la licenza di permettere alla gente di lasciarsi prendere dal calore dell'alcool.
Ho rischiato una sincope, per usare un termine amatissimo dal mio compare, appena ho visto le etichette dei prezzi: la bottiglia più economica costava 73,90 NOK, suppergiù 9,00 euro. E ovviamente l'ho acquistata, non potendomi permettere nulla di più raffinato, e devo dire che alla fine non era poi così male. Trattasi di un vino rosso prodotto nel Salento dal nome che tutto ti fa pensare tranne che al Salento, ovvero Bohème.


Arrivata alla festa, ho consegnato la bottiglia alla festeggiata augurandole Buon Compleanno e sono andata a sedermi sul suo futon insieme a Sara (la ragazza di Lisbona, che sembra una Winona Ryder in miniatura lievemente strabica). Già accomodati sulle poltrone c'erano Claire e Alex (i due irlandesi, che solo in classe ho modo di vedere sobri) ognuno con in mano la sua bottiglia di vino. Ed è stato lì che è arrivata l'illuminazione ed ho capito come funzionano le feste qui. Di solito, in serate come questa, ognuno si compra qualcosa da bere e se lo scola da solo pur stando in mezzo agli altri.
In sintesi, non si condivide nulla. A meno che tu non lo renda esplicito.
Quindi ho passato mezza serata a guardare la mia cara bottiglia dimenticata sul ripiano dalla cucina, pensando a quanto sarei stata ritenuta maleducata a chiedere a Riikka, a cui l'avevo regalata (secondo la concezione che c'è qui di "Ti invito alla mia festa, portaTI da bere") se potevamo aprirla. Qualche ora dopo, quando è arrivato Chris con la torta al cioccolato, sono andata in cucina, ho aperto la bottiglia e ho versato da bere per me, lui e Florian, in modo da garantirmi almeno un assaggio di Bohème salentina.
Non si smette mai d'imparare.
Odio dare consigli o lezioni, ma in questo caso credo possa essere utile, perciò:
LEZIONE #1: se venite invitati a una festa in terra scandinava e vi dicono Portate da bere, comprate quello che più vi piace perchè ve lo berrete da soli, e, mi raccomando, non consegnate nulla ai padroni di casa!
Considerazione finale: però, che amarezza.... non c'è nulla di più bello di condividere quello con si ha con i propri amici... In questo caso, Italia 1 - Norvegia 0!

sabato 20 febbraio 2010

If you always do what interests you, at least one person is pleased.*

Stasera ho ricominciato a cucinare. Non avevo voglia di uscire con gli altri, così mi sono chiusa in cucina e ho deciso di preparare i miei primi brownies in terra nordica, da portare all'univesità lunedì mattina. Con la classe ci ritroviamo alle ottoemmezzo a guardare un film giapponese, e trovo carino portare qualcosa di dolce da mangiare insieme (mentre insieme ci appisoliamo a forza di leggere i sottotitoli in inglese).
Al posto di seguire la ricetta dettata da mia mamma al telefono (e copiata da uno dei numerosi libri della guru culinaria losangelina Ruth Reichl), mi sono messa alla ricerca di una nuova ricetta da sperimentare in internet. Su un sito di cucina americano ho trovato la ricetta originale della famiglia Hepburn, che Katharine diede nell'agosto del 1975 alla giornalista Liz Smith durante un'intervista per il Ladies Home Journal.
Nonostante io non riesca ad immaginarmi Katharine rilasciare interviste a un giornale tipo Taglia&Cuci, sembra anche che in suddetta intervista abbia affermato di mangiare cioccolato tutti i giorni, concludendo con la frase: "What you see before you, my friend, is the result of a lifetime of chocolate."
La semplicità dell'esecuzione della ricetta rasenta l'imbarazzo, ma d'altro canto è facile immaginarsi la Hepburn in completo pantalone con le maniche arrotolate della camicia che, mentre mescola con forza l'impasto, dice di non avere tempo per cose più complicate.


Katharine Hepburn's Brownies
60gr cioccolato fondente 120gr burro 2 uova 1 tazza di zucchero
1 cucchiaino di essenza di vaniglia 35gr farina 1/2 cucchiaino sale
1 tazza di noci spezzettate (facoltativo)

Sciogli a bagno maria il cioccolato con il burro. Aggiungi poi zucchero, vaniglia e uova e mescola a fondo. Unisci farina e sale (e le noci). Distribuisci l'impasto su una tortiera imburrata e infarinata e cuoci a 165° per 40 minuti.
*Ovviamente il titolo è una citazione di KH. In questo caso, at least, anche i miei coinquilini sembrano contenti che io abbia passato la serata a fare qualcosa di cui avevo voglia!

**Questa foto, sebbene bruttina, mi è costata almeno venti minuti ed è stata preceduta da almeno altre 30 foto dello stesso soggetto e, a dirla tutta, pressochè uguali. Si richiede, a questo punto, di apprezzare gli sforzi della sottoscritta :)

venerdì 19 febbraio 2010

invisibile - paul auster

Ho finito da qualche giorno la lettura dell'ultimo libro di Paul Auster, di cui l'anno scorso avevo letto Follie di Brooklyn, che mi aveva divertito non poco.
Invisibile
è un libro che si fa leggere nell'arco di qualche giornata: la vicenda appassiona e la seconda parte in particolare (come ben dice Gabriele Romagnoli nel suo blog che ho copiato qui sotto) è veramente bella: capitolo in cui Auster riesce a narrare con leggerezza il rapporto a dir poco complicato tra il protagonista e la sorella. Il testo si compone infatti di quattro parti, dall'Autunno all'Inverno, e la storia si arrichisce fluidamente man mano che le relazioni che i personaggi intrecciano tra loro cambiano al variare delle stagioni.







L'illuminazione riguardo il titolo arriva a pag.76 dell'edizione italiana, quando Adam, assunto alla Butler Library del campus della Columbia con l'unica mansione di rimettere i libri tornati dal prestito al loro scaffale, sbaglia la collocazione di un testo di storia medievale tedesca, riponendolo a pochi centimetri dal suo posto usuale. Viene immediatamente ripreso dal suo superiore, il triste signor Goines, che lo ammonisce così: "Se un libro viene messo al posto sbagliato può andare perduto per vent'anni o più, forse per sempre".
Ad Adam lì per lì sembra una cosa da poco, ma poi capisce il principio affermato dal vecchio:
"Metti qualcosa nel posto sbagliato, e anche se è ancora lì - molto probabilmente proprio sotto il tuo naso - può sparire per tutto il tempo rimanente".
Ed è esattamente così che accade in tutto il romanzo. La verità è lì - vicina, tangibile - ma solo nell'ultima pagina si renderà visibile agli occhi dei protagonisti (e lettori).
Ultima cosa: Auster riesce con le brevi descrizioni di Margot e Gwen e, non ultima, Cécile a inquadrare un intero universo femminile con una delicatezza che pochi altri sanno avere.
Basta, non vi voglio dire altro. I libri vanno semplicemente letti.



'Sono anni che continuo a leggere Paul Auster anche se combina pasticci, perché ha comunque una voce. Poi prendete l'ultimo, "Invisibile", Einaudi, scombinato, con ancora una volta una storia dentro la storia, eppure la seconda parte di quattro, quella chiamata Estate, quella è stupenda. E basta a farlo leggere.'


dal blog di Gabriele Romagnoli, Navi in Bottiglia, 31 dicembre 2009

giovedì 18 febbraio 2010

Si può essere qualcuno semplicemente pensando

Visto che il comune di Milano deve ancora decidersi a celebrarla, a tre mesi dalla morte di Alda Merini, un artista di strada ha deciso di renderle così omaggio: con un enorme ritratto su un cancello di Ripa di Porta Ticinese, a pochi passi dalla sua storica abitazione.


tu che continui a dirmi
che verrai domani
e non capisci che per me
il domani e' gia' passato



domenica 14 febbraio 2010

valentine's day


A quanto pare gli oslesi sono grandi amanti di questa festa di cui io, pur portandone il nome, non sento proprio l'esigenza. I fiorai - Blomster, se qualcuno fosse interessato a imparare la lingua - sono oggi magicamente aperti nonostante sia domenica, e le loro vetrine pullulano di cuoricini rossi appesi su ogni stelo o pianta esposta. Fuori dalle caffetterie, insegne di occasioni speciali di biscotti alla cannella o al cioccolato, ovviamente a forma di cuore, da offrire alla propria valentina.

Persino fuori dal cinema Saga, uno dei più antichi nel centro storico di Oslo, costruito negli anni di punta del funzionalismo norvegese da Blakstad e Munthe-Kaas (che qualche anno prima avevano anche progettato la famosa Kunstnernes, Casa degli Artisti -- suvvia, un pò di storia dell'architettura fa sempre bene!), beh anche fuori dal cinema, c'è un invito a portare la dolce metà a vedere un film nel giorno degli innamorati.

Ad ogni modo amici, buon San Valentino a tutti!

giovedì 11 febbraio 2010

coincidenza e destino

Piccola nota a piè di giornata.
Ogni volta che esce un pezzo nuovo di Jovanotti io lo ascolto all'estero.
Quando uscì Fango ero a Bristol e lo ascoltai per la prima volta sulla sua pagina Myspace seduta sul divano in cucina dell'appartamento della Stefi.
Un mese fa, Baciami ancora l'ho scaricato da iTunes dalla mia prima stanzetta qui ad Oslo, in mezzo ai boschi e prati e tetti innevati dello studentato di Kringsja.
E mi accompagna tutte le sere a casa, quando sull'autobus 54direzione Kjelsja me ne torno allo studentato di Bjolsen.

un posto nel mondo

Presentazione fatta. Due plastici, un pdf con una ventina di slide e tanti concetti frutto di speculazione astratta da spiegare a una classe in inglese. Dopo un'ora di discussione con il Prof. Per Olaf Fjeld e il suo Assistente Rolf Gest-something, la mia testa è così confusa dalle loro elocubrazioni che non mi rendo neanche conto se elocubrazioni è la parola che volevo e se si scrive davvero così.

Ad ogni modo, è andata. C'è ancora tanto da fare e da imparare e da leggere e studiare, ma sono piena di voglia di lavorare e approfondire la tematica del corso (il rapporto tra Natura e Cultura, mediato dall'Architettura che si fa Infrastruttura, ma ne parlerò prima o dopo), quindi tanto meglio.

Ieri sera, mentre ero in autobus nel viaggio verso casa, pensavo a dove si trovi in questi giorni. Non viene a scuola da venerdì. Non so se sia scappato in India, se sia a casa della sua famiglia, se sia andato a Berlino per il suo compleanno. Non so che posto del mondo stia occupando, Ora. Non so se sia fermo nella sua stanza alla scrivania a preparare il plastico per la sua presentazione. Non so se le sue gambe lo stanno muovendo per chissà quali strade o percorsi. Non so se sia a letto ammalato. Non so se sia con qualcuno o se passi il suo tempo da solo. Non so che libro ci sia appoggiato a faccia in giù sul suo comodino. Non so se ha un comodino vicino al letto. Non so se sta leggendo qualcosa in questo periodo. Non so se gli piace leggere. Non so cos'ha mangiato ieri. Nè stamattina a colazione. Non so se ha l'abitudine di fare colazione. Non so qual è il caffè che preferisce bere. Non so se preferisce il tè al caffè.

Ma, nonostante questa mia ignoranza, mi piace.

'In spagnolo, añoranza viene dal verbo añorar (provare nostalgia), che viene dal catalano enyorar, a sua volta derivato dal latino ignorare. Alla luce di questa etimologia, la nostalgia appare come la sofferenza dell'ignoranza.'
Milan Kundera _ L'Ignoranza
2001

Ieri abbiamo seguito una conferenza di un docente della Penn University di Philadelphia, amico di Per Olaf. Parlava della differenza che intercorre tra essenza e esistenza, inizialmente facendoci il semplice esempio di un cavallo. Ognuno di noi può disegnare un cavallo, può intagliarne la figura nel legno, modellarlo con la plastilina lavorandoci a lungo, e comunque non avere la minima idea di cosa l'essenza di un cavallo sia.
Così per l'architettura. Puoi studiare tutte le piante di tutte le chiese del passato, ridisegnare centinaia di edifici sacri antichi, ma il tuo progetto non può considerarsi davvero un'architettura se non possiede in sè l'essenza di un edificio di culto. Per Olaf la chiama Energia, quel qualcosa da cui non si può scappare.

Qualcosa che c'è e basta. Come il carattere con cui sei nato, quello che sei. Da lì non si scappa.
Seneca in una lettera all'amico Lucilio -il quale gira il mondo nella speranza che il mondo lo cambi- scrive: 'Animum debes mutare non caelum'. Ci ritornerò prima o dopo su questa faccenda, che sento particolarmente.
Divagazioni strettamente necessarie giusto per affermare che mi piace, pur non sapendo perchè e non conoscendo quasi nulla di lui. Ma è così. Succede.

martedì 9 febbraio 2010

You can't always get what you want 1#

Cose che vorrei fare e che invece non posso perchè devo plasticare:
  • andare al cinema a vedere una sòla pazzesca per avere una scusa per piangere al buio
  • andare al cinema per vedere una cagata pazzesca e sentire i norvegesi ridere sguaiatamente
  • andare a cena fuori (ma se non ci vado è anche per una questione di schei)
  • guardare tutta una serie di Sex and the City
  • invitare qualcuno (...) a bere una birra
  • fare la lavatrice e restare a guardare i miei vestiti girare vorticosamente nel cestello con le mie lenzuola
  • comperarmi vestiti nuovi
  • e ovviamente un paio di scarpe
  • leggere buttata sul letto un libro di Anna Gavalda per la seconda volta
  • telefonare a qualche amico per fare due chiacchiere
  • girovagare nella grande rete alla ricerca dei trailers dei film in uscita
  • imparare il norvegese per poter dire "Usciamo a bere una birra?"
  • darmi lo smalto
  • dormire.

lunedì 8 febbraio 2010

i don't like mondays

Oggi non trovo pace.
Non riesco a stare tranquilla, forse perchè sono caduta per la seconda volta per strada e ho preso una gran paura, dato che mi sono resa conto che qualsiasi cosa mi accada qui, devo affrontarla da sola. O forse sono agitata perchè non mi arrivano idee per il progetto e mercoledì c'è la prima revisione e io devo ancora provare a fare un plastico.

Fatto sta, che ho le ansie. Odio dover parlare di fronte alla classe e mercoledì dovrò farlo. Ho paura di fare brutte figure, di dire cazzate, che le mie idee vengano reputate scemenze, ho paura di non aver capito bene il tema della consegna....


Comunque ho passato un bel fine settimana. Sabato sera siamo andati al Mono a Torshov a ballare fino alla chiusura del locale. Peccato che per iniziare a muovermi un pochino sulla pista io debba essere ben avanti con le birre, che qui valgono come oro. Ieri sera invece abbiamo cenato a casa di Chris noi soliti Erasmus ed è stato bello cucinare tutti insieme. Mentre tragliuzzavo le carote in piccoli pezzi ripensavo al mio appartamento veneziano e a tutti i polletti al curry che lì sono stati consumati, sia ai tempi di Zatti e Quirin, che ai tempi di Mattia e Nicola.

Adesso mentre lavoro mi ascolto il nuovo amico Pete Doherty, sperando sia in grado di infondermi un pizzico d'ottimismo. O almeno, di menefreghismo e di distanza rispetto al mio lavoro.
Meno sei coinvolta in una faccenda, meglio la affronti.


Da questa settimana, ogni lunedi con la classe ci troviamo alle 8.30 per guardare un film scelto da un mio compagno norvegese che credo si chiami Jon. La rassegna cinematografica si chiama Blue Monday. Stamattina abbiamo visto un film giapponese del 2007 di Naoko Ogigami, Megane, ovvero Glasses, da tradurre come Occhiali, Lenti. Qualcosa che aiuta a vedere, o che comunque filtra la visione delle cose attorno.
Una donna sui quaranta va a trascorrere le vacanze di primavera in una pensione sulla costa che non vede clienti da un paio d'anni, gestita da un uomo che vive con un cane nell'attesa "che il tempo passi". Lì creerà con lui e altri personaggi una pacifica comunità rendendosi conto che dalla solitudine si impara soltanto quanto sia fondamentale la condivisione nella vita di tutti i giorni.
E' introdotto il neologismico concetto di Twilighting, che non è la passione per Pattinson e i vampiri, bensì lo stato mentale che ti porta a ricordare il passato, a pensare a qualcuno, a perderti nei tuoi pensieri, o a non averne nessuno per la testa.


"I'm going down to the beach." "To twilight?" "Maybe..."

giovedì 4 febbraio 2010

maniac



Stamattina ho imparato a saldare (to weld) nel laboratorio dei metalli qui a scuola.

E ho saldato tutto il giorno.
Ho creato, da una lastra di alluminio di 2mm di spessore, un cubo di lato 10cm, di cui vado molto fiera, anche se magari è una schifezza agli occhi di chi non capisce che ci ho lavorato su almeno 4 ore.
Adesso sarà il caso che mi metta a lavorare al progetto e che la smetta di fare cose assolutamente inutili.


lunedì 1 febbraio 2010

color my life with the chaos of trouble

the boy with the arab strap _ belle & sebastian

Per chi non avesse visto il film 500 days of summer, un solo consiglio.
Guardatelo!